di Roberto Quaglia – roberto.info
Oggi vorrei spendere due parole su di un tema specialistico, del quale in molti non sanno ancora nulla o quasi, e che nondimeno avrà in futuro un importante impatto sulle vite di tutti noi. Avrete certamente già sentito parlare di Bitcoin, ma, con tutta probabilità, vi mancano i dettagli. E soprattutto, vi mancano le puntate successive, quelle delle monete alternative a Bitcoin. Ora, non è certo qui ed ora che possiamo chiarire ogni mistero, tuttavia cercherò di fare una piccola panoramica. Bitcoin è una moneta elettronica creata nel 2009, che consiste in un database distribuito fra tutti quelli che ne detengono delle unità, il che è ciò che garantisce tutti della realtà e non falsificabilità delle monete in circolazione. Anche l’emissione dei bitcoin è regolata in modo certo, in quantità prestabilite ed immutabili, mediante un processo che consiste nella soluzione di uno specifico algoritmo a difficoltà variabile chiamato Proof of Work, un processo di conio a cui teoricamente può partecipare chiunque, ma in pratica è ormai riservato a quelli che possono permettersi i sempre più costosi calcolatori dedicati e soprattutto tutta la corrente elettrica che essi consumano.
Quando Bitcoin fu creato, nel 2009, non valeva nulla. I primi entusiasti che se ne occuparono ne producevano a migliaia e poi non sapevano cosa farsene. A maggio del 2010 un certo Lazlo offrì 10.000 bitcoins a chiunque fosse disposto a vendergli… due pizze. Ci volle un po’ prima che qualcuno si degnò di accettare i suoi miseri 10.000 bitcoins ed infine Lazlo riuscì finalmente a comprare le sue due belle pizze. Niente male, dovette pensare Lazlo, due vere, solide, gustose e addirittura mangiabili pizze in cambio di una manciata di elettroni e qualche strana stringa di caratteri ASCII sullo schermo del suo computer. Fece un buon affare Lazlo? Dipende da quanto buone erano poi quelle due pizze. Al corso attuale di un paio di giorni fa, 25 maggio 2017, sette anni dopo, quei 10.000 bitcoins oggi valgono circa ventisei milioni di dollari. Lazlo può oggi vantarsi di avere mangiato le pizze più care del mondo, che peraltro diventano sempre più care, visto che solo che nell’ultimo paio di mesi Bitcoin ha raddoppiato ancora una volta il suo valore. La capitalizzazione totale odierna di Bitcoin ha raggiunto i 44 miliardi di dollari.
Ma perché Bitcoin ha avuto questo incredibile successo, nonostante non è che siano poi molte le cose che con i Bitcoin ci si possano direttamente comprare? Le ragioni sono molteplici, tante da poterci scrivere sopra un libro, e forse un giorno lo farò. Ma se dovessimo riassumere in un paio di frasi, le parole chiave sono: certezza, determinismo, consenso distribuito, decentralizzazione e privacy. Viviamo in un’epoca in cui da un lato il denaro viene creato dalle banche con la bacchetta magica, nella misura che più ad esse aggrada, e spesso si tratta di quantità assurde, rendendo il valore di queste valute create arbitrariamente dal nulla un mero atto di fede. E dall’altro lato ogni nostra minima transazione economica è trasparente alle nostre autorità, che ormai conoscono i nostri bilanci e la nostra situazione patrimoniale anche meglio di noi, soprattutto di quelli di noi che non passano il loro tempo a pensare al denaro. Bitcoin offre un’alternativa a questo modello sconveniente ed insostenibile, e sempre più gente lo vede come il denaro del futuro e si affretta ad accaparrarsene un po’. Tuttavia, ci crediate o no, Bitcoin è ormai vecchio. Il modo in cui è fatto è obsoleto, la sua architettura è sorpassata e non funziona più bene. Per trasferire i Bitcoin ormai anziché minuti ci vogliono a volte anche giorni o settimane oppure costa come e di più delle commissioni bancarie. Bitcoin va quindi modificato, ma nella comunità ci sono grossi litigi su quali modifiche apportagli. Ragione per cui prossimamente Bitcoin probabilmente si dividerà in due monete diverse e non è chiaro che cosa accadrà. Ed è forse per questo che negli ultimi mesi si è scatenata una sorta di corsa all’oro su tutte le nuove criptomonete alternative a Bitcoin. Eh, già. perché ormai ci sono centinaia di alternative a Bitcoin, quasi tutte tecnologicamente superiori, anche se il consenso generale – che poi è ciò che da il valore ad una moneta – gravita ancora principalmente intorno al capostipite Bitcoin. Ma la rivoluzione – quindi una rivoluzione nella rivoluzione – può verificarsi da un momento all’altro, e di punto in bianco potremmo ritrovarci col successore di Bitcoin a farla da padrone, con l’ormai vecchio Bitcoin mandato frettolosamente in pensione. Quindi, se doveste mai mettere le mani su qualche nuova criptomoneta di belle speranze, attenti a non spendervela subito per comprarvi due pizze.
Di nuove criptomonete candidate alla successione c’è solo l’imbarazzo della scelta. Sono centinaia, impossibile menzionarle qui tutte, anche perché io stesso non le conosco tutte. Ognuna di esse ha una sua logica, una sua meccanica, una sua filosofia. Ognuna di esse va studiata e capita prima di poterne parlare. Dopo la meccanica cosiddetta Proof of Work di Bitcoin si è affermata la Proof of Stake, dove è il possesso della moneta e non il potere computazionale ciò che permette di stabilizzare il network e coniare nuova moneta. La prima moneta ad introdurre questa tecnica fu Peercoin, e molte altre ne copiarono il meccnaismo. Poi, più sofisticata ancora è la Proof of Importance della moneta NEM, che in pochi anni ha raggiunto una capitalizzazione di due miliardi di dollari. Anche questa moneta all’inizio era gratis per chi la volesse. Ma la star assoluta di questi ultimi paio di anni è Ethereum, che al di là di essere solo una moneta è una vera e propria piattaforma, con un proprio linguaggio di programmazione, sulla quale chiunque può costruire asset che utilizzino cosiddetti contratti intelligenti, una rivoluzione che non è solo monetaria, e che in futuro andrà probabilmente a modificare ed a settare i nuovi standard dei modi di relazionarsi legalmente e commercialmente in società. E’ già qualche anno che vi rammaricavate di avere perso il treno di Bitcoin? Consolatevi, mentre eravate impegnati a rammaricarvi avete perso anche il treno di Ethereum, che dopo aver visto la luce nel 2015 in brevissimo tempo ha raggiunto ormai già una capitalizzazione pari alla metà di quella di Bitcoin, ed in molti prevedono che presto raggiungerà e supererà il capostipite della categoria. Ma c’è allora oggi qualche progetto recente dove uno possa sperare di saltare sul treno prima che lasci la stazione con il suo carico di nuovi ricchi? Beh, l’estate scorsa, nel 2016, è stato lanciato da programmatori russi di notevole originalità Waves, un’altra piattaforma sulla quale si può fare molto e che a differenza di Ethereum è semplice da usare ed alla portata di tutti. Ultimamente il suo valore è cresciuto solo di una decina di volte, che in questo ambito di questi tempi non è molto. Io stesso ho creato una mia personalissima valuta su Waves, Quagliacoin. Se vi fatte anche voi un portafoglio waves gratuito e mi mandate una email col vostro indirizzo Waves vi mando un po’ di Quagliacoin in omaggio. Oggi valgono nulla, domani chissà. Magari un domani varranno anche meno di nulla.
Oppure, più recente ancora – pochi mesi di vita – c’è Byteball, un altro concetto completamente nuovo, con un’architettura differente da qualsiasi altra in grado di fare a meno della blockchain, e che proprio in questi mesi viene addirittura regalato a chiunque già possegga Bitcoins oppure già qualche Byteballs, per favorirne la diffusione. Secondo me, hanno buone possibilità di successo. Anche qui, l’autore è un russo.
Come vedete, è un mondo in rapidissimo fermento, del quale abbiamo qui solo sfiorato la punta dell’iceberg. Difficile credere che tutto questo non sia il futuro, in un mondo in cui il denaro vecchia maniera diventa ogni giorno di più solo un atto di fede.
E per concludere nel migliore dei modi questa nostra brevissima carrellata parliamo infine di Bancor, l’ultimo arrivato in questo affascinante mondo, un progetto che sta per venire lanciato proprio in questi giorni e che gli esperti del settore stanno già etichettando come il progetto dell’anno, destinato ad un radioso futuro. Ecco quindi finalmente un treno che non è ancora partito e sul quale c’è ancora posto, casomai a qualcuno interessasse. Per la collocazione iniziale ai non esperti in criprovalute si è mossa anche Bitcoin Swisse.
Bancor essenzialmente consiste in un geniale protocollo che permette la creazione automatica di liquidità per qualsiasi asset digitale, criptomonete, punti di fedeltà o quant’altro. Alla base del protocollo ci sono dei cosiddetti “smart tokens“, dei gettoni digitali che permettono di effettuare dei cosiddetti contratti intelligenti. Ricordatevi l’espressione “smart token”, credo che ne sentirete parlare parecchio in futuro, alla lunga probabilmente di più di quanto sentirete parlare di Bitcoin. Se Bitcoin è infatti nulla di più di una moneta digitale, e a più che comprare e vendere – e come si è visto speculare – con i Bitcoin non si può fare, gli “smart token” sono invece degli strumenti più complessi, che in linea di principio permettono di fare qualsiasi cosa. L’immaginazione è l’unico limite.
La spiegazione tecnica di come Bancor userà gli smart token, soprattutto se si va nei dettagli, suona come un rito voodoo, condita con misteriose formule matematiche, quindi ve la risparmio. Detto in parole povere, Bancor risolverà innanzitutto il problema della Doppia Coincidenza dei Bisogni nel settore del cambio fra asset digitali. Cioè, se io voglio vendere qualcosa che tu vuoi comprare, oggi come oggi per riuscire nella nostra transazione dobbiamo prima trovarci, nello stesso tempo e nello stesso luogo – che può essere un bar oppure un borsino di cambio online, poi dobbiamo negoziare, pagare o la consumazione al bar dove ci siamo incontrati oppure una commissione alla piattaforma digitale che ci sta ospitando – insomma il processo è costoso e farraginoso e non esente da rischi. Molte volte è infatti accaduto che i borsini di cambio online sono stati saccheggiati dagli hacker (no, non necessariamente quelli russi) oppure che il proprietario del borsino se ne è scappato con tutti i fondi nella saccoccia. Bancor risolverà questo problema permettendo la creazione per ogni asset di una riserva frazionaria di quel bene stesso, un sorta di banca centrale decentralizzata – vi prego di ammirare questo splendido ossimoro – una riserva che verrà mantenuta costante in modo automatico aumentando o abbassando i prezzi verso altri asset in tempo reale a seconda del bilancio fra la domanda e la richiesta. L’esistenza di una riserva rende infatti l’asset liquido, cioè venditore e compratore non hanno più bisogno di incontrarsi, la coincidenza dei loro opposti bisogni non è più necessaria. Questa piccola grande invenzione è probabilmente destinata a rivoluzionare un’altra volta ancora il mondo della nuova economia decentralizzata. Usando il protocollo e le applicazioni di Bancor infatti non solo chiunque sarà in grado di battere la propria moneta o di creare un asset, anche senza alcuna conoscenza tecnica, ma l’asset creato godrà di liquidità, se necessario, verso gli altri asset secondo un processo automatico in grado di adattare continuamente i valori di cambio alla domanda e alla richiesta. Questo sarà utilissimo alle piccole comunità che vogliano creare una propria economia locale, alle start-up in cerca di fondi, alle operazioni di crowdfunding e molto altro ancora. Le speculazioni di breve respiro nel mondo delle criptomonete, le cosiddette operazioni pump & dump, ovvero pompare i prezzi di un asset per poi rifilarlo rincarato agli ignari investitori per infine svendere tutto di colpo spennando il parco buoi – diverranno più difficili da attuare. Per molto tempo il mondo delle valute digitali è assomigliato ad un gigantesco casinò, dal quale proprio per questo in molti si sono sempre tenuti alla larga. Da Bancor in poi, il mondo delle valute digitali sarà con tutta probabilità sempre di più un vero e proprio mondo finanziario a se stante, sempre più integrato, autoregolato, decentralizzato e ricco di nuove opportunità. Insomma, un altro passo verso quel cambio di paradigma nel sistema finanziario mondiale che a molti pare alla lunga inevitabile. E’ quello che viene già chiamato l’internet 3.0. Se l’internet 1.0 ha dato ha tutti la possibilità, per la prima volta nella storia, di esprimersi di fronte ad un pubblico globale e di pubblicare liberamente le proprie informazioni ed opinioni, se l’internet 2.0 ci ha raggruppati tutti nei social network dove ormai viviamo anche più che nella vita reale, internet 3.0 forse darà a tutti la possibilità, per la prima volta nella storia, di creare la propria finanza. O qualcosa del genere. Solo il tempo ci dirà.
Chissà, può darsi che fra poco anche noi di Pandora TV si decida di creare una nostra moneta con cui finanziarci.
In conclusione, se per caso questi miei discorsi vi portassero fortuna e doveste diventare ricchissimi con le criptovalute, non dimenticate poi di offrirmi una pizza. Anzi, due pizze. Purché naturalmente costino non meno di 26 milioni di dollari.
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Una breve presentazione di Bancor