Premetto che io ero uno di quelli che ci capivano qualcosa di Internet. Mi ero sprofondato in internet appena il World Wide Web fece capolino in Italia nel 1995, con VideoOnLine. Non c’era quasi nulla, su Internet, e i motori di ricerca facevano schifo, eppure si trovava tutto. Quindici anni dopo il paradigma si è invertito: su Internet c’è tutto, e i motori di ricerca sono intelligentissimi, ma non si trova più nulla. Continua a leggere
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di Roberto Quaglia
Orwell, dopotutto, era un dilettante. Ha scritto un libro da cui è stato tratto un reality show i cui partecipanti non sanno neppure che lui è esistito. Tanto lavoro per nulla. Ha messo insieme un bel libro ma si è dimenticato di brevettare il “format”. E quindi è oggi lecito plagiarlo. In televisione come sulla scena politica. Ben gli sta. E’ il destino dei dilettanti.
Orwell era un dilettante per difetto di fantasia. Non è riuscito ad immaginare a quali livelli di assurdità una società umana possa spingersi, e quanto ciò possa risultare paradossalmente spassoso. Noi, che viviamo nel ventunesimo secolo, siamo più fortunati.
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Ebbene sì, ho ceduto. Erano anni che vari amici cercavano di convincermi a creare un mio blog, ma ho stoicamente resistito. Fino ad oggi. Innanzitutto mi faceva schifo la parola. Blog. Che cazzo di nome. Non è una parola italiana e se è per questo non sembra neppure una parola, ma un rumore. In secondo luogo aborrisco le schiavitù, e le più insidiose sono quelle autoindotte. Mi vedevo a rischio di una nuova schiavitù, ore ed ore evaporate tutti i giorni sulla tastiera per aggrumare pensieri che nessuno leggerà mai. Ma oggi, imperscrutabilmente, mi ha colto un’illuminazione: ci penserà la mia egregia pigrizia a proteggermi. La frequenza dei miei post sarà con tutta probabilità scarsissima assai, e allora perché non dovrei farlo? D’altra parte uno si chiederà anche: perche’ farlo? Il fatto è oggi che mi prudevano le punta delle dita per una cosuccia che ho letto, troppo poco per un articolo serio, troppo per un sms. Due divagazioni esattamente a misura di blog. E’ per questo che il mio blog è nato, per l’articoletto che scriverò tra poco, e basta. E pazienze se in seguito la persistenza del blog mi costringesse scrivere dell’altro.
(Questo è un articolo “storico”, poiché fu il primo articolo “eretico” rispetto alla narrativa mainstream dell’11 settembre 2001 ad apparire sul web in lingua italiana. Ciò accadde sulla rivista di fantascienza Delos (Maggio 2003) ed il pezzo fece subito il “botto”, totalizzando decine di migliaia di letture. Pochi mesi dopo nel Settembre 2003 l’articolo venne ripubblicato come saggio di apertura del libro “Tutto quello che sai è falso” causandone un successo ancora maggiore – il libro vendette oltre 75.000 copie (senza mai pagarmi alcun diritto d’auore, ma questa è un’altra storia, più sordida). I fatti che esso rivela sono solo l’antipasto del mio libro che verrà – Il Mito dell”11 Settembre – ma vale la pena ugualmente conservare questo pezzo per il suo valore storico. Ne esiste anche una versione in spagnolo).
di Roberto Quaglia
![](http://www.mito11settembre.it/grafica/911dollarback.jpg)
Avviso ai naviganti.
Questa è una rivista di fantascienza. Questo è un articolo di fantascienza. Ciò che segue è pura speculazione, e quindi non è vero. Nessun tribunale lo ha certificato vero. Nessun giornalista lo ha scritto. Nessun telegiornale lo ha detto. Quindi non è vero. Non sostengo che per contro sia falso. Consideratelo come il gatto di Schrödinger, una creatura contemporaneamente e paradossalmente sia viva che morta, sia vera che falsa, sino al momento in cui qualcuno andrà davvero a controllare come stanno le cose. Oppure, se questo vi riesce problematico, fate semplicemente così: non credete una singola parola di ciò che da questo momento in poi segue, e godetevi il viaggio nel paese delle meraviglie facendo bene attenzione al paesaggio.
(Questo saggio fu incluso nel Souvenir Book ufficiale della 53sima World Science Fiction Convention (WorldCon) che si svolse nel 1995 a Glasgow, prima e, a tutt’oggi, ultima volta che quest’onore è spettato a un autore italiano)
Ciò che mi ha sempre sorpreso, nella stragrande maggioranza di libri di science fiction che ho letto, è la presunta assenza della science fiction dal futuro dell’umanità. Tutti gli scrittori di science fiction esistenti o esistiti hanno raccontato miriadi di storie accadute in migliaia di futuri diversi dal presente a noi noto, ed in nessuno di questi futuri, curiosamente, esiste visibilmente ciò che tali futuri causa, ovvero la science fiction. E’ nota qualche eccezione a quanto io sto dicendo. Talvolta fa la sua timida comparsa quale personaggio, in rare storie di SF, uno scrittore di SF, il quale è però spesso null’altro che un’elementare proiezione dell’autore, un’autocitazione, simile alle comparse di Hitchkock nei propri film. Più spesso, il futuro che gli scrittori tratteggiano è un futuro privo di SF. Perché? Perché tutti gli scrittori di SF paiono dimenticarsi di includere l’esistenza della letteratura di SF nei futuri dei quali ci narrano? Forse evitano apposta di parlarne perché credono che la SF non sarà in futuro poi così diversa da come è nel presente? Commettono davvero questo ingenuo errore? Oppure non ne parlano perché non sanno cosa dire? O invece non è mai addirittura neppure loro venuto in mente che sia ragionevole pensare che in futuro la SF esisterà? Tutti questi scrittori di SF parlano invece volentieri del passato della SF, ci raccontano in continuazione tutta la storia della SF. Perché così tanta attenzione al passato, e così poca al futuro? Perché gli scrittori di SF, quando parlano di SF, ne parlano al passato anziché al futuro? Continua a leggere