Breve riflessione in merito ad uno dei parecchi deliri del mainstream occidentale contemporaneo: i folli racconti sulla Corea del Nord. Ecco come il nostro regno della retorica della diversità non tollera un regno di autentica diversità.
di Roberto Quaglia – roberto.info
Oggi parliamo un po’ di Corea del Nord. Cosa sappiamo noi della Corea del Nord? Poco o niente. Della Corea del Nord ne parlano occasionalmente giornali e telegiornali, ma puntualmente senza cognizione di causa, dato che i nostri giornalisti non vanno nella Corea del Nord e quindi parlano e scrivono solo per sentito dire.
La visione che i media occidentali danno della Corea del Nord è caricaturale, addirittura fumettistica, e senza offesa per i fumetti. Il leader Kim Jong-un viene tratteggiato come uno psicopatico, dedito sì ad azioni crudeli, purché rigorosamente surreali. Ci raccontano che una volta all’anno egli faccia giustiziare qualche alto papavero con la contraerea. La prima volta niente di meno che il capo delle forze armate, reo di essersi addormentato durante una parata, e sulla seconda vittima i nostri giornali non concordano neppure sul nome. Con la contraerea? – per i nostri giornalisti non c’è nulla di strano, e così non mi stupirei se al prossimo giro Kim Jong-un facesse giustiziare i prossimi malcapitati con il siluro di un sommergibile, possibilmente atomico dato che così suona più spaventoso.
La nostra grande stampa ci ha poi raccontato di come il leader nordcoreano avrebbe fatto fucilare la sua ex fidanzata, colpevole di avere mostrato le gambe in TV. Assieme a lei, buon peso, fatti fuori anche dieci componenti della sua orchestra. Poi Kim Jong-un avrebbe fatto sbranare lo zio da 120 cani affamati. Nonostante i cani fossero 120 e fossero affamati, l’operazione sarebbe durata un’intera ora. Alla faccia dello slow food!
D’altra parte, chi la fa l’aspetti, e quindi anche ai cani poi toccherebbe di venire mangiati dai nord-coreani, almeno secondo il Corriere della Sera che ci racconta come il leader nord-coreano avrebbe invitato i suoi cittadini a mangiare carne di cane poiché più nutriente, raccomandando di bastonarli prima ben bene per renderli più saporiti e di non buttare via la pelliccia che può sempre venir bene.
E quando la Corea del Nord perse una partita di calcio con la Corea del Sud, i nostri giornali scrissero che i giocatori della nazionale nordcoreana erano stati arrestati e che rischiavano la pena di morte. Questa falsità fu poi rapidamente smascherata, anche perché è difficile da sostenere quando gli stessi giocatori poi scendessero regolarmente in campo per la partita successiva. Ma non mi sorprenderebbe se in una futura occasione i nostri bravi giornalisti si avventurassero ad ipotizzare in tutta serietà che i giocatori nordcoreani scesi in campo dopo essere stati giustiziati sarebbero in realtà degli zombi.
La Corea del Nord è quindi per noi un luogo mitico dove sogniamo che le storie più fantastiche possano essere vere. In realtà non sappiamo pressoché nulla di ciò che avviene in quel paese. Tutte queste storie sono apparse prive di fonti su qualche giornale asiatico ed i nostri cosiddetti giornalisti le prendono per vere senza alcuna verifica, né, bisogna sottolinearlo, alcuna riflessione critica.
Al di là di queste leggende metropolitane con le quali i nostri cosiddetti giornalisti ci tempestano, cosa sappiamo in effetti della Corea del Nord?
Sappiamo che la Corea del Nord è un attore geopolitico atipico e di una certa importanza, poiché dispone di armamenti nucleari. Sappiamo che è una società profondamente differente dalla nostra, diversa anche da qualsiasi altra società nel mondo contemporaneo. Questa estrema diversità dovrebbe in teoria renderci curiosi. Non siamo noi infatti in Occidente, almeno a parole, strenui difensori delle diversità, fieri paladini di una società cosmopolita e multiculturale, patria delle scienze e della ricerca scientifica? Tuttavia, nel caso della Corea del Nord la nostra curiosità scientifica scompare, il nostro interesse culturale evapora, la nostra eccellenza antropologica fa cilecca, l’Occidente finge di interessarsi alla condizione dei diritti umani nella Corea del Nord, ma in realtà trasuda il desiderio inconfessato che quell’intero paese magicamente scompaia, liberandoci dal problema di confrontarci con qualcosa diverso da noi. L’Occidente sbeffeggia la Corea del Nord in film demenziali come The Interview e Team America e diffondendo leggende metropolitane sempre più incredibili sulla propria stampa più rispettata. Si tratta di esorcismi. Con tutta la nostra presunta civiltà non siamo in grado di sopportare l’esistenza di modelli di società diversi dal nostro. E allora dobbiamo esorcizzare. Con tutta la nostra presunta civiltà il nostro atteggiamento nei confronti della Corea del Nord non è sostanzialmente difforme a quello che i nostri antenati ebbero nei confronti dei nativi americani, il rifiuto totale e la disumanizzazione dell’altro da noi. Ci compiaciamo di credere che se potessimo tornare indietro nel tempo sapremmo evitare di ri-commettere gli orrori della storia dei quali ci siamo macchiati, ma non è così. Siamo sempre gli stessi selvaggi, e visto che stavolta non possiamo così facilmente distruggere ciò che ci inquieta – anche i nordcoreani infatti hanno le bombe nucleari – dobbiamo ripiegare sugli esorcismi.
Ma proviamo a farci una domanda: che cosa ci ha mai fatto di male la Corea del Nord? A parte, a noi italiani, a buttarci fuori dal mondiale di calcio nel 1966 con un incredibile gol del dentista Pa Do Ik? Nulla. Il loro principale torto è di esistere in una società con valori e regole diverse dalle nostre.
Questo è sufficiente per l’Occidente a considerare la Corea del Nord un non-luogo.
Ubriacatosi del proprio eccezionalismo, l’Occidente è oggi più colonialista che mai e quel che è peggio non se ne rende conto. L’eccezionalismo occidentale è una vera e propria ideologia ed in quanto tale è invisibile a chi ne è preda. L’eccezionalismo occidentale è il motivo per il quale a chiunque viva in Occidente, ai politici ma anche ai comuni cittadini, appare normalissimo trovare da ridire su come altri popoli in altre nazioni con con altre culture, tradizioni e leggi vogliano organizzare la loro società. Ma questa pretesa non è normale, è patologica. L’Occidente proietta questa assurda pretesa verso molte nazioni e popoli e la Corea del Nord è solo uno degli esempi più eclatanti. Ma in realtà quello che altri popoli fanno nelle loro nazioni sovrane in rispetto alle loro regole, a noi non deve riguardare. Non è affar nostro, è affar loro. La presunzione che sia affar nostro è il sintomo della proiezione eccezionalista occidentale.
Un nostro approccio intelligente nei confronti della Corea del Nord dovrebbe essere di studio. Un approccio meno intelligente, ma ugualmente equilibrato, dovrebbe essere di indifferenza. Il nostro approccio ostile, invece, ostile fino a trasformare una civiltà diversa dalla nostra in un brutto cartone animato, rivela che abbiamo un problema, un problema serio a relazionarci con chiunque sia diverso da noi. Dal modo in cui guardiamo alla Corea del Nord possiamo capire molto di cosa in effetti siamo. Siamo una società orba, con il paraocchi e totalmente autoreferenziale. Quelli che sognano futuri improbabili incontri amichevoli con civiltà aliene si mettano l’anima in pace: non siano neppure in grado di relazionarci amichevolmente con la Corea del Nord.
Può anche essere interessante guardare a cosa la Corea del Nord pensi di noi. E questo senza voler suggerire che la loro società sia migliore della nostra, sia bene inteso. Si trova su Youtube un documentario nordcoreano sulla nostra società occidentale. Si intitola Propaganda. Guardatelo, vi sorprenderà. Colpisce innanzitutto la conoscenza che gli autori hanno della società occidentale. Soprattutto quando contrapposto al nulla che noi sappiamo della società nordcoreana. Un altro video che a me ha fatto molta impressione a me è il documentario della visita nel 1978 del presidente comunista Ceausescu a Pyongyang. Anche questo si trova su youtube. Accoglie il presidente rumeno una coreografia fatta di decine di migliaia di persone che danzano e si muovono armonicamente dando vita ad uno spettacolo irrealizzabile in qualsiasi altra nazione del mondo. Impressionò me, ma anche Ceausescu, che ritornato in patria rase al suolo mezzo paese per ricostruirlo in stile nordcoreano.
Come in natura è un bene la biodiversità, così nel mondo è un bene la diversità culturale. Rispetto a noi la Corea del Nord rappresenta un caso di diversità culturale più estremo di altri. Invece di sognare di distruggerlo andrebbe piuttosto messo sotto tutela dell’Unesco, come patrimonio dell’umanità, non perché sia migliore del nostro, ma per l’unico motivo che è così differente. Dalle differenze gli intelligenti trovano modo di imparare, mentre gli stupidi di solito cercano il modo di distruggere.
Qualche sciocco vorrà leggere in questo mio discorso un’apologia della Corea del Nord che in realtà non sto facendo, né potrei fare comunque, dato che di quel paese non sappiamo quasi nulla. E’ invece solo una piccola critica della nostra superba stupidità.
Roberto Quaglia
30 Ottobre 2016
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