I perché di una crisi.
di Roberto Quaglia – Roberto.info
Maggio 2012. Il mondo sprofonda nel debito, caracollando sull’orlo di un Armageddon finanziario. Questo è il coro che si sente ripetere ovunque da mesi. Dopo la Grecia, anche Spagna, Italia e Portogallo sono ad un passo dalla catastrofe a causa di ciclopici fardelli di debiti che non potranno mai venire pagati. E i debiti dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) sono nulla paragonati ai trilioni di debito accumulati da Stati Uniti e Giappone. Anche Francia e Inghilterra sono messe male e scavando scopriamo – sorpresa! Sorpresa! – che la stessa virtuosissima Germania sarebbe a rischio stritolamento da debiti, tanto che le famigerate agenzie di rating americane hanno ventilato anche per essa il possibile declassamento. Ma come? Uno dei paesi che meglio funziona al mondo viene giudicato potenzialmente insolvibile? Sorge a questo punto la domanda che tutti dovrebbero fare, ma che (quasi) nessuno osa formulare:
Ma se tutti i paesi del mondo sono così mostruosamente indebitati… chi è il legittimo creditore? Chi cavolo è il legittimo creditore ultimo di tutto questo ben di dio, al cui paragone i fantastiliardi di zio Paperone paiono noccioline? Ci si aspetterebbe che al mondo ci siano nazioni debitrici e nazioni creditrici – così ci è parso a lungo, il terzo mondo in debito ed il primo mondo in credito – ma d’un tratto ci viene raccontato che tutto il mondo si sia improvvisamente trasformato in terzo mondo indebitato – a parte la Cina oggi non se ne vedono molti creditori in giro. Anzi no, neppure la Cina si salva: Moodys tiene a farci sapere che anche la Cina è nella merda fino al collo coi debiti! Tutti, tutti debitori quindi, e debitori di cifre favolose, che sfidano l’umana immaginazione. Come è possibile?
Se tutte le nazioni sono indebitate, i debitori ultimi sono tutti i cittadini che costituiscono le nazioni. Esseri umani, quindi. Li possiamo vedere, li possiamo contare. In effetti siamo noi, oppure persone come noi. Siamo tutti, tutti, tutti indebitati. Ma se noi tutti, tutti, tutti siamo indebitati, chi diamine sono i creditori? Altri esseri umani? Impossibile. In quanto cittadini gli esseri umani sono tutti indebitati. Se tutte le nazioni del mondo sono debitrici ne consegue logicamente che tutti gli esseri umani del mondo sono indebitati. Ma il valore del mondo è generato proprio da tutti i miliardi di persone che nel mondo lavorano, faticano e così facendo producono valore. Come possono tutte le persone del mondo essere indebitate quando tutto ciò che vale è stato prodotto da esse? Com’è possibile che i debitori siano proprio quelli che il valore lo hanno creato? Verrebbe da dedurne che creditori non possono quindi essere umani. Che si tratti di extraterrestri?
Peggio, come ormai la gente sa, si tratta di banche. Ma cos’è in effetti una banca?
Nell’immaginario popolare, la banca è un posto dove ci si mettono i propri risparmi per scongiurare il rischio di perderli o che ci vengano rubati. A rigore di logica, le banche dovrebbero contenere solo i soldi che gli esseri umani hanno loro affidato. Quindi, come è possibile che le banche siano riuscite ad indebitare ogni singolo essere umano della terra usando i loro stessi soldi?
La riposta è complessa, ed è stata illustrata con dovizia di dettagli nei circuiti dell’informazione non controllati dalle banche stesse. Il succo è che le banche private hanno facoltà di creare denaro dal nulla, un fenomeno curioso che in parecchi ancora ignorano, basato sul sistema della riserva frazionaria. E le banche centrali lo possono creare ancora più facilmente, usando l’equivalente moderno della bacchetta magica – nella fattispecie la tastiera di un computer ove il semplice tocco di alcuni tasti può generare “denaro” a volontà. Creare il denaro dovrebbe essere una prerogativa degli stati, formati dai cittadini che in essi generano il valore che il denaro rappresenterà, ma nell’Occidente democratico le banche centrali sono state quasi tutte “privatizzate” più o meno di nascosto – che in parole povere vuol dire che i soldi che tu credi di avere in linea di massima non sono più tuoi. Te li hanno prestati, anche se tu non lo sai. In rete fiocca il dibattito su questa tematica, irto di litigi a suon di tecnicismi, ma il succo è più o meno questo. La cosiddetta “indipendenza” delle banche centrali dalle proprie nazioni è in altre parole l’indipendenza delle banche centrali dai cittadini sovrani a cui i soldi del paese in ultima istanza apparterrebbero.
Questo ovviamente implica che i governi dei paesi “democratici” si sono macchiati di alto tradimento – è difficile in effetti immaginare un tradimento più alto che abdicare alla propria sovranità monetaria, ovvero fare omaggio della gestione di tutto il valore prodotto dalla propria nazione a soggetti terzi.
Discorsi da “complottista”? Ma neanche per sogno! Il primo grande traditore del proprio popolo confessò esplicitamente il proprio crimine – il che dovrebbe fugare i dubbi anche dei più increduli. Si tratta del presidente americano Woodrow Wilson, che nel 1913 permise la creazione della Federal Reserve, un cartello di banche private che da quel momento in poi avrebbe avuto il monopolio del denaro americano, creandolo dal nulla per poi prestarlo allo stato (quindi ai cittadini) ad interesse. Cosa c’è di male? È lo stesso Wilson che ce lo spiega, e chi meglio di lui può saperlo? Tre anni dopo Wilson infatti si pentì amaramente e dichiarò testualmente:
«Sono l’uomo più infelice. Ho inconsapevolmente rovinato il mio Paese. Una grande nazione industriale è controllata dal suo sistema di credito. Ora il nostro sistema di credito è concentrato. Perciò, la crescita della nazione e tutte le nostre attività è nelle mani di pochi uomini. Stiamo per diventare un Paese mal governato, completamente controllato e dominato del mondo civilizzato. Non più un governo in cui c’è libertà di opinione, non più un governo guidato dalla convinzione e dal voto della maggioranza, ma un governo pilotato dall’opinione e dalla prigionia voluta da un piccolo gruppo dominante di uomini.»
Quei lettori poco disposti per il quieto vivere a prestare ascolto a chi gentilmente tenta di avvertirli che glielo stanno mettendo in quel posto sono davvero così convinti di saperla più lunga di un Presidente degli Stati Uniti reo confesso?
Era stato Andrew Jackson, il settimo presidente degli Stati Uniti, a liberare il paese dal giogo dei banchieri negli anni 30 del diciannovesimo secolo, dopo una cruenta lotta con gli stessi. Fu un brutto colpo per i banchieri, che impiegarono un’ottantina d’anni per riappropriarsi interamente dell’America. Dopo di che c’è voluto quasi un secolo prima che la stessa fregatura toccasse a tutta l’Europa. La creazione dell’euro ha reso più agevoli gli ultimi passi in questa direzione.
Agli increduli a cui non piace rendersi conto del tutto di quanto corrotti siano i governanti che essi hanno fieramente eletto gioverà la lettura di qualche esempio pratico di cosa tipicamente accade a chi si ostina a perseguire gli interessi di chi lo ha votato contro le direttive dei grandi banchieri.
A giugno 1963 John. F. Kennedy osò restituire al governo americano il potere di stampare denaro, coperto dalle riserve nazionali di argento. Banconote denominate “United States Notes” presero a circolare, in concorrenza alle “Federal Reserve Notes”.
Cinque mesi dopo fu assassinato, forse non a caso nell’anniversario dell’incontro segreto del 1910 sull’isola Jekyll in cui i banchieri si accordarono per l’istituzione della Federal Reserve.
Le United States Notes smisero di venire emesse e quelle in circolazione vennero progressivamente ritirate. Ogni tanto tuttavia gli scheletri nell’armadio saltano fuori dove meno te l’aspetti – per esempio alla frontiera fra Italia e Svizzera. Qualcuno ricorderà il clamoroso fermo nel 2009 di due cittadini giapponesi alla frontiera di Chiasso, nella valigetta dei quali i finanzieri trovarono e sequestrarono titoli americani per l’incredibile valore di 134,5 miliardi di dollari, pari a circa 1% del Prodotto Nazionale lordo degli Stati Uniti di quell’anno. Uno dei giapponesi pare fosse un tal Tuneo Yamauchi, cognato dell’ex governatore della banca centrale del Giappone. Prima ancora di venire in Italia ad esaminare i titoli sequestrati, gli americani dichiararono che si trattava di falsi – il che non ci deve stupire, poiché se avessero riconosciuti come veri quei titoli di credito magari li avrebbero anche dovuti onorare. Una parte dei titoli consisteva in Treasury Notes da un miliardo di dollari l’una (sic!), che tutte le apparenze indicano fossero state emesse dal Tesoro americano (non dalla Federal Reserve) nel 1998 proprio sulla base dell’ordine esecutivo varato a suo tempo da Kennedy e mai abolito. D’altra parte, solo un deficiente completo falsificherebbe banconote da un miliardo di dollari che nessuno neppure si immagina possano esistere – a chi si potrebbe mai sperare di riuscire a smerciarle? Più facile, molto più facile vendere il Colosseo o la Fontana di Trevi ad un turista di passaggio. Ci sarebbe stato di che riempire le pagine dei giornali per settimane (e magari le casse del Tesoro per anni), ma non sorprendentemente la notizia scomparve rapidamente dal proscenio, sintomo che si trattava di roba che scotta. I giapponesi furono immediatamente rilasciati – evento curioso in un caso di contrabbando di titoli di credito falsi per 134,5 miliardi di dollari, pari a poco meno del Prodotto Interno lordo della Danimarca. Che fine abbia fatto quell’anno di Danimarca in valigetta i giornali non lo hanno scritto. Voi lo avreste buttato nella spazzatura?
Kennedy tuttavia non è che uno dei molti validi esempi che dissuadono i nostri politici ad andare contro le direttive dei grandi banchieri. Cento anni prima di Kennedy anche Abramo Lincoln pensò bene di crearsi il suo buon denaro statale – le banconote si chiamavano greenbacks – fu un successo: infatti poco dopo Lincoln fu ucciso ed i greenbacks magicamente sparirono.
Altri due presidenti americani, Garfield ed McKinley finirono ammazzati – sarebbe interessante ricercare se e quanto si fossero resi antipatici ai banchieri. Il candidato alla presidenza USA Ron Paul, che già si è espresso a favore della abolizione della Federal Reserve, può farsi un’idea su cosa potrebbe attenderlo nell’improbabile caso in cui mai venisse mai eletto. Chi non si fece bene questa idea è il politico austriaco Jörg Haider che qualche anno fa minacciò pubblicamente le grandi banche. Appena vinse le elezioni, divenendo quindi un pericolo concreto per i poteri bancari, ebbe immediatamente la sventura di morire in un incidente automobilistico particolarmente improbabile.
Il giornalista tedesco indipendente Gerhard Wisnewsky ha investigato le circostanze surreali dell’incidente in un ottimo libro.
A fine dicembre 2011 il giovane viceministro alle finanze dell’Argentina Ivan Heyn, uno dei politici più amati in patria esce da una riunione con il Fondo Monetario Internazionale a Montevideo dichiarando: “Non posso fare quello che mi chiedono!” Come si sa l’Argentina nell’ultimo decennio si è svincolata niente male dal gioco dei grandi circoli bancari internazionali, mandando a quel paese pure l’FMI e compagnia bella. Un paio di ore dopo Ivan Heyn viene trovato impiccato nella sua camera d’albergo. Suicidio, scrivono subito tutti i giornali. Molto strano, un politico beneamato e con due palle così che si è fatto strada combattendo i poteri forti non si va a suicidare di corsa non appena in una riunione alcuni stranieri gli fanno “buh!”. La tesi del suicidio non è sufficientemente plausibile? Poco male. Il viceministro argentino si è strangolato da solo per aumentare il proprio piacere mentre si faceva una pippa, correggono ben presto i giornali. Ecco, ora sì che ci siamo. Dopotutto, se voi usciste da una stressante riunione con l’FMI non andreste subito anche voi in albergo a masturbarvi strangolandovi? Non farebbe così qualsiasi potente politico? Nessun giornale ha osato mettere seriamente in dubbio la spiegazione grottesca di questo decesso importante, con buona pace del rasoio di Occam.
Nel 1999, dopo quasi vent’anni di costante ribassi il prezzo dell’oro inaspettatamente smise di scendere. Pare che ciò all’epoca mise in seri guai Goldman Sachs, pesantemente sbilanciata su posizioni al ribasso (nell’ordine delle mille tonnellate). Un tal Gordon Brown, all’epoca Cancelliere dello Scacchiere (equivalente a Ministro dell’Economia) annunciò quindi l’8 maggio 1999 la decisione di vendere oltre il 50% delle riserve nazionali di oro. Furono infine 415 tonnellate d’oro – il 60% di tutto l’oro del Regno Unito – vendute al minimo assoluto di mercato, al prezzo medio di 275$ l’oncia (oggi, maggio 2012, veleggia intorno ai 1600$/oncia, e molti analisti concordano che nei prossimi anni salirà almeno fino a 4000$/oncia). Questo salvò Goldman Sachs. Tradire il proprio popolo paga assai di più che servirlo – infatti Gordon Brown ebbe a godersi in seguito la poltrona di Primo Ministro. L’oro non c’è più, ma chi se ne frega. I giornali non sono mica lì per ricordare queste quisquilie agli elettori.
Mentre gli ignari e gli sciocchi vengono incoraggiati a cianciare di democrazia nei talk show, nei salotti e nei bar, è sempre più solo dietro le quinte che la reale storia del mondo si scrive. I vecchi paradigmi nei quali il potere andava ostentato per essere effettivo, non valgono più. Nel ricco mondo occidentale i governanti sono senza eccezione alcuna solo personaggi di una noiosa commedia dell’arte, nella quale hanno facoltà di improvvisare e recitare a braccio, purché non escano mai dal canovaccio stabilito dall’invisibile regista. L’attore che esce dal canovaccio viene licenziato in tronco, e ogni tanto ne muore anche qualcuno in modo pittoresco affinché valga da esempio per gli altri.
A metà febbraio 2012, dopo mesi di attacchi da parte del coro dei media il presidente tedesco Christian Wulff è stato costretto alle dimissioni per l’orribile colpa di avere in passato accettato inviti a cena ed alberghi pagati da parte di alcuni industriali. Una storiella risibile che in Italia si sono bevuta tutti. In Germania qualcuno (l’ottimo Wisnewski) è andato più a fondo nella faccenda. Un’analisi approfondita e più plausibile suggerisce che Wulff sia stato tolto di mezzo sull’onda di un eccesso di dichiarazioni che deviavano dal copione.
Wulff aveva espresso preoccupazione per la leggerezza con cui sempre più spesso i parlamenti approvino in fretta e senza battere ciglio ciò che viene deciso nei circoli elitari dei Poteri Forti, ammonendo dei pericoli che ciò comporta per la democrazia. Aveva inoltre usato parole pesanti contro le banche ed i folli “salvataggi” seriali di banche e nazioni, che avrebbero riversato il conto da pagare sui giovani. E peggio ancora, aveva lanciato strali contro l’intera classe politica tedesca, che svuotando d’importanza l’attività parlamentare perdeva le basi per la fiducia dei cittadini. Questi sono argomenti di cui un buon politico postmoderno – cioè un politico post-politico – deve accuratamente evitare di occuparsi.
Con le sue esternazioni fuori copione, Wulff era divenuto un possibile ostacolo alla ratifica del trattato ESM – il cosiddetto Meccanismo di Stabilità Europea, in realtà Cavallo di Troia della dittatura finanziaria che a grandi passi si sta pappando l’Europa. L’ESM è un mostro agghiacciante, sulla cui natura i media evitano accuratamente di approfondire, che i dittatori finanziari non sono riusciti ad imporre in America, ma ci stanno riuscendo in Europa. L’ESM permette ai Grandi Burattinai di imporre arbitrariamente a qualsiasi nazione europea il pagamento di qualsiasi cifra nell’arco di soli sette giorni dalla richiesta. Qualsiasi cifra! Per sempre! Non importa se una nazione in futuro va alle elezioni ed il nuovo governo la pensa diversamente. L’obbligo è incondizionato, definitivo ed irrevocabile per qualsiasi nazione europea che ratifichi l’ESM.
In quanto presidente della nazione, Wulff avrebbe dovuto firmare la legge di ratifica, ed avrebbe quindi avuto il potere di bloccare tutto.
Wulff è uscito un attimo dal canovaccio e… voilà!, licenziato in tronco! Gli è andata bene. Al presidente polacco (nonché a mezzo governo della Polonia) di qualche anno fa andò decisamente peggio.
Nel 2011 il primo ministro ungherese Viktor Orbán modifica la costituzione del proprio paese per rimettere la Banca Centrale sotto proprio controllo sovrano e dieci minuti dopo viene tratteggiato da tutta la stampa occidentale in coro come il nuovo Milosevic da combattere, un nuovo mostro razzista ed autoritario nel cuore dell’Europa, mentre eurocrati ed FMI minacciano feroci rappresaglie e lanciano inappellabili ultimatum. Orbán è costretto a cedere – la banca centrale ungherese resta immune al controllo degli ungheresi, nelle salde mani chi meglio degli ungheresi sa quale debba essere la politica monetaria magiara.
“Indipendenza della Banca Centrale” è un’espressione molto in voga oggi, un piccolo capolavoro di pura neolingua orwelliana che per chi non lo avesse capito si traduce “Totale Dipendenza della Banca Centrale di Qualsiasi Paese dai Criptocrati Sovranazionali.” Orbán si consola lanciando strali in piazza contro i dittatori eurocrati, nello spirito di “sì, è vero, le ho prese, ma quante gliene ho dette!”
Le banche si stanno quindi appropriando del mondo intero dopo averlo abilmente convinto di essere in debito nei loro confronti. È un’operazione di straordinario ingegno, di magistrale illusionismo, fondata su di un’artefatta allucinazione condivisa chiamata “fiat money”, denaro creato dal nulla dalle banche stesse e alla cui realtà quasi tutti ancora credono, tanto da non rendersi conto che è completamente assurdo ed inverosimile che d’un tratto il mondo intero, senza eccezione alcuna, possa essere “indebitato” così mostruosamente e al di là di ogni senso comune.
È la paura – e l’incapacità – di svegliarsi da questa illusione collettiva ciò che ovviamente condanna i popoli alla sudditanza impotente verso l’abile illusionista.
Tuttavia ci viene anche raccontato da qualche anno che lo stesso sistema bancario è sull’orlo della catastrofe. Giganti come Lehman Brothers possono fallire da un giorno all’altro mentre immense quantità di nuovo denaro immaginario vengono a più riprese create dal nulla – e addebitate agli stati, cioè ai cittadini – per “salvare” banche “troppo grosse per lasciarle fallire”. Durante i picchi di crisi le banche a tal punto smettono di fidarsi le une delle altre che cessano i prestiti interbancari, ovvero non si azzardano nemmeno più a prestarsi l’un l’altra soldi per una manciata di ore. Ma se le banche stanno conquistando il mondo, come possono nel contempo essere tutte sull’orlo del fallimento? Si intravede una certa dissonanza cognitiva in tutto ciò.
Dobbiamo renderci conto che nel Nuovo Mondo delle Illusioni Collettive ciò che ci è dato vedere è essenzialmente solo il più fenomenale gioco di specchi mai imbastito. Veniamo frastornati su parecchi livelli da una miriade di false tesi e falsi antitesi mirate a distogliere la nostra attenzione da ciò che non dobbiamo vedere – e che infatti appunto non vediamo. Quando affermo che i vecchi paradigmi nei quali il potere andava ostentato per essere effettivo non valgono più, intendo che il segreto più importante del potere di oggi è l’invisibilità. Mentre gli ignari e gli sciocchi si fanno belli blaterando in pubblico di democrazia, dietro le quinte i criptocrati se la ridono, probabilmente con smorfie di sommo disprezzo per gli inutili blateranti. Morte e sepolte le vecchie ideologie, mentre le più recenti – democrazia e capitalismo – sono ormai in stato terminale ed agonizzanti, la nuova forma di ordine mondiale in via di affermazione si chiama criptocrazia, ovvero il governo degli oscuri, invisibili ed indecifrabili.
Il che si può riassumere nel seguente elementare enunciato:
Se vedi chi comanda, vuol dire che a comandare non è lui.
Ragione per cui, inizio a dubitare della effettività di ogni nuovo “colpevole” che venga additato al pubblico ludibrio. Mi puzza di rito trito e ritrito. Nella hit-parade dei colpevoli di cui si parla è rapidamente salita in vetta la famigerata banca d’investimenti Goldman Sachs. Non vi sarebbe quasi orrore finanziario al mondo nel quale in qualche modo non sia riuscita a metterci il naso Goldman Sachs. Un milione di parole probabilmente non basterebbe ad illustrarli tutti e col dovuto dettaglio. Da decenni Goldman Sachs notoriamente assume le menti più brillanti uscite dalle università per escogitare meccanismi sempre più sofisticati per “fare denaro”, che è un eufemismo per dire “portare via i soldi ad altri”. È facile fare questo nella legalità quando sei tu ad ordinare al legislatore che cosa è legale e per chi esattamente lo è. Oggi i governi europei pseudo-democratici vengono uno dopo l’altro rimpiazzati da cosiddetti “governi tecnici”, che tutto sono fuorché “tecnici”. Di tecnico hanno solo la natura golpistica, per il resto sono esecutivi che prendono decisioni di estremo peso politico, spesso in palese contrasto con la volontà e gli interessi popolari.
Ed in buona parte di questi governi tecnici c’è palesemente lo zampino di Goldman Sachs. Per non parlare di chi va a dirigere la Federal Reserve o le altre banche centrali. Fino a qui non dico nulla di nuovo. Quello che mi sorprende è la crescente disposizione della stampa – anche la grande stampa corrotta che di questo sistema è parte integrale – di parlare di questo stato delle cose, e di dire di Goldman Sachs cose che fino a qualche tempo fa nessuno che facesse parte del sistema avrebbe mai osato pronunciare.
Un bel film documentario sulla genesi della crisi del 2008, Inside Job, mette sulla graticola senza tanti problemi la stessa Goldman Sachs. Non è un film dilettantesco, chi lo ha fatto disponeva delle leve necessarie per intervistare elementi della crème de la crème della finanza americana, ai quali né tu ne io arriveremmo mai, e metterne alcuni alle strette facendo ad essi fare la classica figura di merda. Di questo film si parla ed esso vince dei premi, addirittura l’Oscar.
Cosa sta succedendo?
Pecco di paranoia? È inevitabile, in questa epoca di sofisticatissimi inganni, a partire dalla Madre di Tutte le Bufale, la narrativa ufficiale degli attentati dell’11 settembre. Ma, come disse quel tale ormai un po’ demodé, a pensare male si fa peccato – ma ci si azzecca.
Quindi non abbiatemene se anche un bel film come Inside Job a me puzza tanto di mera operazione psicologica, al pari dei film di Michael Moore. È l’ennesimo prodotto finalizzato alla rivalsa onirica del pubblico occidentale contro i cattivoni di turno. Chi volesse approfondire il tema della cinematografia hollywoodiana moderna come strumento catartico di giustizia onirica si legga il saggio che nel 2010 scrissi a proposito del film Avatar.
Inside Job, che si presenta come un durissimo j’accuse al mondo della finanza di Wall Street, sotto sotto veicola fortemente la tesi che non vi sia alcun disegno, nessuna progettualità di ampio respiro dietro i disastri provocati dalla finanza, che essi siano semplicemente i sottoprodotti naturali dell’avidità estrema (di fatto caricaturale e fumettistica) degli speculatori. Una semplificazione che non regge. Il pubblico, a cui tutto sommato piace molto pensare che i pescecani di Wall Street siano più stupidi di lui, se la beve volentieri. Resta un bel film da vedere, tenendo però a mente la natura fuorviante dei meta-messaggi che esso contiene. Lo stato dell’arte della manipolazione delle masse si esercita oggi nell’impossessarsi delle verità scomode per poterle adornare con le falsità strategicamente più convenienti. Il film Inside Job è quindi grottescamente esso stesso un “inside job”.
Un altro grande esempio di quanto appena detto si trova nel recente film Thrive, un documentario bello e molto ben fatto che denuncia il golpe finanziario globale in atto avventurandosi nelle sue accuse anche ai livelli superiori e più oscuri che sovrastano Goldman Sachs, Morgan Stanley e compagnia bella. Tuttavia, il film associa grandi verità perfettamente espresse a deliranti vaneggiamenti sugli UFO ed altre speculazioni scientifiche altamente opinabili – una classica formula di operazione psicologica già messa in atto in una miriade di casi. Thrive si propone di creare un movimento ove raccogliere il gregge sparso degli indignati e portarli a perdere nelle lande iperspaziali dell’ennesima utopia. E non è un caso che il film tenga a sottolineare come la risposta al colpo di stato globale finanziario di “noi che abbiamo capito” non debba in nessun caso essere violenta. Forse, dopotutto, i criptocrati sotto sotto si cagano un po’ addosso (ma poco, eh!).
Perché ad esempio Goldman Sachs avrebbe tutti, ma proprio tutti i titoli per essere additata a colpevole primo della crisi economica che sta flagellando il mondo, tranne uno, a mio avviso fondamentale: non è invisibile. E visto che il segreto fondamentale del potere moderno è l’invisibilità, che ti rende inattaccabile perché nessuno sa bene chi tu sia, a me i conti non tornano del tutto. Non dico che ho delle chiare risposte – e chi le ha? – ma perdonatemi se insisto a farmi delle domande. C’è chi ha nell’indole la spinta a farsi domande impertinenti, così come il non volersi accontentare delle risposte insoddisfacenti di cui troppa gente con leggerezza si appaga. Meglio, molto meglio, infinitamente meglio le buone domande alle cattive risposte.
E se anche il maestro burattinaio alla fin della fiera potrebbe rivelarsi null’altro che un gran burattino, il Padre di Tutti i Burattini, eventualmente il pezzo supremo da sacrificare nella grande partita a scacchi per la conquista del mondo, chi è che allora esattamente tira le fila degli avvenimenti del mondo? Nomi e cognomi e indirizzi, s’intende, niente categorie astratte! Per quanto in parecchi si sbizzarriscono a tirare ad indovinare, la risposta è che non lo sappiamo, né probabilmente con precisione lo sapremo mai. E non credo che neppure qualche sguardo indiscreto alle riunioni segrete dei “Bilderberger” ci direbbe tutto. Dubito fortemente che chi in segreto comanda davvero sia così sciocco da apparire sulle liste di chi in segreto comanda davvero – liste che tutti gli anni puntualmente possiamo leggere su Internet (i curiosi ignari cerchino su internet “lista partecipanti bilderberg“). Cerchiamo di non renderci ridicoli confondendo i padroni di casa coi maggiordomi e i fattorini. In qualsiasi direzione si guardi, il nostro sguardo è destinato ad infrangersi contro una cortina fumogena o l’altra. Almeno sino a quando il sistema collassasse per davvero, al di là delle rappresentazioni alle quali stiamo assistendo ora.
Già perché nulla mi toglie dalla testa che la grande crisi economica a cui stiamo assistendo ora sia fondamentalmente solo una gran rappresentazione. Il mondo finanziario è in effetti sul serio ad un passo dal collasso sistemico, e probabilmente davvero crollerà. Ma sebbene ciò sia probabilmente inevitabile, non credo affatto che sia un processo casuale, né frutto della pur notevole stupidità umana. Si scorgono riconoscibili elementi di regia nell’avvicendarsi delle tappe della crisi, ben riconducibili al collaudato schema Problema-Reazione-Soluzione. Si genera proditoriamente un problema che causi nel pubblico una reazione (il pubblico chiede o comunque attende una soluzione) e quindi si fornisce la “soluzione”, che altro non è che ciò che fin dal principio si voleva fare. Il “problema” è solo il pretesto necessario per implementare una “soluzione” preordinata. Uno schema vecchio come il mondo. Con questo trucchetto hanno già rifilato un “governo tecnico” a noi e ad altri, ed aspettate a vedere cosa ci sbologneranno quando il sistema verrà giù sul serio.
Già, perché non si mette su tutto questo po’ po’ di casino per poi lasciare evaporare tutto senza capitalizzare con un Gran Finale e fuochi di artificio che dia i risultati per cui in effetti si è lavorato.
Un “11 settembre finanziario” che facesse saltare l’intero sistema finanziario mondiale fu apparentemente tentato già nel 2008, proprio nel solito giorno dell’11 settembre, quando ignote forze sottrassero nell’arco di un’ora 550 miliardi di dollari dal circuito bancario americano. Fu proprio questa deliberata operazione che scatenò la crisi che ci avrebbe impoveriti tutti. Ma l’obiettivo dell’azione andava assai al di là della crisi che poi ci è toccata, tutto suggerisce che il fine fosse la distruzione stessa del sistema finanziario mondiale. Il membro del congresso americano Paul Kanjorski della Pennsylvania ha rivelato in diretta televisiva i retroscena dei drammatici eventi di quel giorno, mai resi pubblici in altra sede, e mai smentiti dopo le dichiarazioni di Kanjorski. Ma neppure in seguito approfonditi da altri giornalisti – ovvero il perfetto marchio della roba che scotta.
Secondo il racconto di Kanjorski, alle ore 11 dell’11 Settembre 2008 (si noti la sovrabbondanza dei numeri 11 in tutte queste brutte storie moderne – alla lunga verrebbe il sospetto che l’11 porti sfiga – oppure fortuna, a seconda dei punti di vista) la Federal Reserve si accorge di un rapidissimo prosciugamento di liquidi dal sistema bancario americano. 550 miliardi di dollari vengono sottratti in un’ora soltanto. Si decide per un’immediata iniezione di liquidità di 105 miliardi di dollari, per tappare le falle. Ma ben presto ci si rende conto l’emorragia di denaro è troppo rapida e si calcola che alle due del pomeriggio essa avrebbe raggiunto i 5500 miliardi di dollari, il che avrebbe comportato l’immediata distruzione del sistema bancario americano, e nel giro di un giorno del resto del mondo. La crisi viene arginata in un modo che in seguito – se ho capito bene – avrebbe condotto al primo “salvataggio” da 700 miliardi di dollari, che poi i contribuenti americani avranno l’agio di pagare in comode rate. Kanjorski evita accuratamente di chiedersi di chi diamine fosse la mano invisibile in grado di prelevare dal circuito bancario 500 miliardi di dollari (!!!) in un’ora. Certe domande possono nuocere gravemente alla salute.
Potrebbe Paul Kanjorski essersi inventato tutto, come gli increduli di professione non mancano di insinuare? Difficile comprendere perché mai avrebbe fatto una cosa del genere. La registrazione video di un’audizione parlamentare del 24 settembre 2008 ci toglie gli ultimi dubbi. Kanjorski chiede esplicitamente a Henry Pauson, all’epoca Ministro del Tesoro (nonché ovviamente ex pezzo grosso di Goldman Sachs come strettamente d’obbligo), di spiegare anche al pubblico gli eccezionali avvenimenti della mattina dell’11 settembre 2008, nei quali Paulson si trovava ovviamente in prima linea, menzionando gli oltre 500 miliardi volatilizzatisi in pochi minuti. Nella sua risposta Paulson gira attorno alla questione, chiaramente cercando di glissare sui dettagli, a tratti balbetta, ma non smentisce affatto le clamorose asserzioni di Kanjorski, anzi riconosce e sottolinea la gravità di quei momenti. Ognuno può trarre da questo quadretto le proprie conclusioni.
Se nella catastrofe prossima ventura la maggior parte delle banche dovesse fallire, quelle che avanzeranno saranno più grandi e potenti di prima.
Mario Monti è probabilmente solo l’antipasto di ciò che ci aspetta in Italia. Il trasferimento di sovranità procede a rapidissimi passi e si spera che i nuovi sovrani ci trattino poi con maggior garbo di quello che l’Unione Sovietica riservò ai propri satelliti. Già, perché il mondo occidentale si sta rapidamente sovietizzando, come ha spiegato efficacemente già fin dal 2007 il celebre dissidente sovietico Vladimir Bukovski, nei suoi libri Eurss. Unione Europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e URSS-EURSS ovvero il complotto dei rossi. E se a non riconoscere la puzza di Unione Sovietica non sono capaci i dissidenti sovietici, ditemi voi chi mai potrebbe.
Molta gente non se ne rende conto poiché il processo viene attuato per gradi. È il modello della rana nell’acqua bollente. Se si getta una rana viva in una pentola piena di acqua bollente essa balza subito fuori dalla pentola. Ma se si introduce la rana nell’acqua fredda e lentamente la si porta ad ebollizione, la rana non si accorge di cosa sta accadendo e si ritrova lessa. L’erosione di libertà in atto nell’occidente democratico segue lo stesso principio. Quando ti accorgi di quanto sta accadendo è ormai troppo tardi. La democrazia viene smantellata per gradi, sostituita dalla mera retorica democratica, un mantra vacuo ed ipnotico che dai pulpiti televisivi e giornalistici si riversa sul gregge dei lemming che inconsapevole si lascia guidare verso il precipizio dal quale non vi è ritorno.
Il debito dell’Italia non potrà mai venire ripagato, così come non potranno mai venire ripagati i debiti di ciascuna delle altre nazioni. Creati a partire da denaro fittizio, questi debiti sono in effetti immaginari. Così come sono immaginari i risparmi monetari che la gente crede di avere. Il mondo finanziario di oggi è la più grande catena di San Antonio della storia (gli americani lo chiamano Schema Ponzi), e si sa che le catene di San Antonio sono inevitabilmente destinate ad infrangersi contro il muro della crescita esponenziale.
In pochissimi anni il valore dei prodotti finanziari derivati in circolazione è salito a 707 migliaia di miliardi di dollari (Giugno 2011), pari ad oltre 10 volte il prodotto mondiale lordo, il 95% di cui nelle mani delle solite prime cinque banche d’affari statunitensi. Tutta roba che non esiste, ma che si fa finta che ci sia e coerentemente ha quindi un impatto sulle cose del mondo proporzionato alla propria smisurata mole. Quando il telegiornale ci racconta che l’Italia è sotto attacco dai “mercati”, probabilmente si tratta di quei cinque lì. I governi d’Europa vengono stravolti per calmare e assecondare “i mercati” – cioé sempre quelle cinque banche lì. Esse oggi fanno e disfanno governi agitando lo spauracchio di “mercati” che in realtà non esistono in unione alla minaccia costituita da una mole titanica di valori derivati (definiti da Warren Buffet vere e proprie “armi di distruzione di massa”) che in verità sono soltanto il frutto di diabolici giochi di prestigio. 707 migliaia di miliardi di dollari! Per mettere da parte un valore del genere tutti i sette miliardi di persone del mondo dovrebbero lavorare dieci anni senza mangiare, bere, cambiarsi d’abito né mai spendere un centesimo. È quindi tutta una gigantesca bolla di illusione, destinata fatalmente a scoppiare come tutte le bolle di irrealtà. Debito? Non esiste alcun debito. È tutto solo nella vostra testa, perché siete stati ipnotizzati. Siamo tutti in trance. Perduti in un mondo illusorio dove ci hanno convinto che stiamo affogando. Un oceano di debiti che esiste solo nella nostra fantasia. Vittime della stregoneria finanziaria proprio come i popoli che chiamiamo primitivi si lasciano schiavizzare dai rituali voodoo. Dieci volte il valore prodotto dal mondo è oggi nelle mani di cinque soggetti che di concreto in questo mondo non hanno prodotto assolutamente nulla – se si eccettua proprio questo fantasmagorico caleidoscopio di chimere finanziarie che è reale solo perché tutti lo confondono con il vero. Una ciclopica illusione collettiva che è stata creata ad arte e viene mantenuta e progressivamente ingigantita per forzare l’adozione di misure draconiane destinate a dare una gran bella potatura alle classe medie delle ricche nazioni occidentali.
Perché questo è probabilmente l’obiettivo finale. A cosa serve la conquista del mondo, senza un preciso disegno su cosa poi farne?
In un mondo occidentale che invecchia, che non fa figli, che si deindustrializza delegando la produzione dei beni alla Cina, con l’aggravante di un globo dalle risorse naturali limitate ed in progressivo e rapido esaurimento, il modello di una società con un’ampia e prospera classe media non è sostenibile nel lungo termine. È uno sciame di cavallette che non voterà mai democraticamente per darsi una seria regolata. Rinunciare all’auto? Alle vacanze low cost? Allo shopping dei saldi? Giammai. (Per rendersi pienamente conto di come noi cavallette umane stiamo devastando il pianeta consiglio a tutti la visione dello straordinario documentario Home, denso di immagini di bellezza ineguagliabile.)
È quindi verosimile che le elite abbiano deciso per una drastica scrematura dei benestanti, e il teatro della crisi del debito a cui assistiamo ne costituisce eventualmente il prologo. D’altra parte, la storia dell’Uomo è per millenni segnata dalla divisione fra ricchi e poveri e l’esperimento di qualche decennio di classe media benestante potrebbe essere ad un passo dal capolinea. O comunque ad una sensibile riduzione del benessere. O della classe media. Ecco il potere del debito, brandito come arma di distruzione di massa.
Il debito immaginario è il più potente e raffinato strumento di coercizione inventato dall’Uomo.
Non tutti sanno che uno dei trucchi delle mafie che controllano il racket della prostituzione è quella di creare un debito fittizio e mai ripagabile da affibbiare alle prostitute che essi controllano. Tutte le povere africane o ragazze dell’est che vediamo battere sulle strade italiane hanno un debito da pagare a chi le ha portate in Italia, un debito strutturato in modo da non estinguersi mai.
Ma la logica di un debito fittizio, di cui non si è responsabili e che non potrà venire saldato mai è antica come la nostra storia. Non nasce forse ogni cristiano con il suo bel Peccato Originale che lo accompagnerà per tutta la vita qualsiasi cosa egli faccia? Lo stesso Peccato Originario è una forma di debito immaginario, che non a caso è sempre stato usato dalla Chiesa per rafforzare la propria autorità ed imporre le proprie direttive.
Finché non si prende coscienza dell’illusorietà del debito, comportandosi di conseguenza, si è destinati a rimanere schiavi.
L’Argentina nel 2002 fece qualche passo in tale direzione, e dopo un paio di anni di inevitabili difficoltà la sua economia è decollata e l’anno scorso è giunta a crescere dell’8%. A marzo 2012 si è anche riappropriata di una più piena sovranità monetaria, in controtendenza rispetto ad un Occidente sempre più risoluto a non avere alcun controllo sopra il proprio denaro.
Le scelte strategiche sane che l’Italia dovrebbe attuare per avere un futuro florido sono nella stessa direzione imboccata dall’Argentina, ovvero una forte ristrutturazione del debito – se non lo si potrà mai pagare è inutile fare finta del contrario e distruggere nel vano tentativo la capacità produttiva del paese – e soprattutto ritorno alla sovranità monetaria con eventuale rapida uscita dall’euro. Ciò sarebbe ovviamente un processo drammatico e dolorosissimo, ma l’alternativa si rivelerà probabilmente notevolmente peggiore, soprattutto nel lungo termine.
Mario Monti ovviamente non farà nulla di tutto ciò – è lì per compiere l’esatto contrario di ciò che dovrebbe – né c’è molto da sperare in una classe politica che in fila per quattro col ritorno di due ha abdicato alle proprie responsabilità e consegnato le chiavi del paese agli stessi banchieri attivi nel generare la crisi che ora fingono di medicare. Una classe politica che accetta di buon grado di non governare purché i nuovi padroni mantengano sostanzialmente immutati i loro stipendi dorati, diritti di saccheggio nei rispettivi feudi e naturalmente i sacrosanti privilegi di casta.
E così Monti ha potuto impunemente varare la sua manovra affonda-Italia, orwellianamente chiamata salva-Italia. Il 10% per cento di tutto il maltolto del primo anno, due miliardi e mezzo di euro – pari allo 0,5 % del prodotto nazionale lordo – è stato da Monti immediatamente devoluto alla banca d’affari americana Morgan Stanley a copertura di una oscura, molto oscura operazione di derivati avviata da Mario Draghi anni fa. A casa di Morgan Stanley si è subito stappato champagne, con duemilacinquecento milioni di euro in più in cassa ce lo si può ben permettere. La quasi totalità della grande stampa italiana ha intensamente taciuto su dove siano finiti cotanti soldini degli italiani. Il finanziamento dell’editoria serve a ben questo.
Monti come Schettino, quindi, manovra elegante (i giornali applaudono) con inchino (ai banchieri) e tuttavia completamente sbagliata – seguirà inevitabile sciagura con pittoresco naufragio mentre sui ponti e nei bei saloni gli ignari ancora danzano nei festeggiamenti per la fine del ventennio berlusconiano. Cornuti, mazziati, stavolta vieppiù inculati e pur tuttavia contenti – de gustibus non est disputandum.
A questa sodomizzazione di massa avrebbe ben pensato di dare un sostanziale contributo anche Draghi che con la BCE in due rate ha prestato un trilione di euro (nostri) alle banche al tasso dell’1%, così che esse potessero riprestarci i nostri soldi al 5-8% comprando alcuni rinnovi del nostro debito. Per le banche un guadagno mostruoso a suon di denari palesemente rubati dalle nostre tasche, un carry trade di rara ignominia che nessuno ha il potere o il coraggio di impedire.
Un’ultima vestigia di vagheggiata opposizione a questo colpo di stato è stata tenuemente paventata dalla Lega, e come volevasi dimostrare è subito giunta implacabile, puntuale, la mannaia di uno scandalo a mettere il servo recalcitrante in castigo.
La blogosfera italiana si eccita alla notizia della denuncia penale depositata da un avvocato contro Napolitano e Monti, ma l’azione – ancorché nobile – è debole poiché soprattutto imperniata su violazioni della Costituzione, un pezzo di carta che da tempo ormai nessuno rispetta. “L’Italia ripudia la guerra” ecc. – ma davvero? Spiegatelo ai libici, ai serbi, agli iracheni, agli afgani. Qui siamo di fronte a comportamenti nella magnitudo dell’alto tradimento, qui non si tradisce solo un pezzo di carta, bensì l’intero popolo che si finge di rappresentare, questa è roba da tribunali speciali. Che fecero i francesi nell’immediato dopoguerra ai loro politici collaborazionisti con gli invasori nazisti? Una denuncia penale? Osserva correttamente Pino Cabras che la decapitazione di un sistema politico non può che essere azione pienamente politica. Pecca egli tuttavia di eccessivo ottimismo quando auspica che ciò si attui mediante azioni penali. Dato che tutti i poteri dello stato sono ormai irrimediabilmente avariati, sperare che una parte dello stato possa ripararne un’altra è ciò che gli anglosassoni chiamerebbero wishful thinking, che in italiano mal si traduce con pii desideri.
Le rivoluzioni sono un’altra cosa. Ma nessuno sa più come si fanno. A parte forse i franchiser delle rivoluzioni colorate, che però non ci daranno in concessione il format. E senza un format – il libretto d’istruzioni dei tempi moderni – chi mai riesce a fare più qualcosa di originale in questo nostro paese segnato da decenni di progressivo rincoglionimento televisivo? Chi ha mai visto dei cittadini scendere spontaneamente in piazza a ribellarsi, senza essere stati chiamati a farlo da qualche soggetto autorevole (partiti, sindacati ecc.)? In Islanda lo hanno fatto, ma da noi… Esiste in Italia ancora qualche soggetto autorevole che non sia stato cooptato dai burattinai? L’umore sociale per una rivoluzione si sta formando – un recente sondaggio (realizzato da IPR Marketing per le ACLI) rivela che un terzo degli italiani pensa che l’unica cosa che può cambiare le cose in Italia sia una rivoluzione. La via penale potrebbe avere qualche effetto se a presentare una denuncia contro Napolitano e Monti si aggiungessero migliaia di cittadini, ognuno con una denuncia propria. Uno tsunami di denunce costituirebbe un pesante fatto politico e potrebbe forse muovere le acque. Altrimenti…
Les jeux sont faits. Rien ne va plus.
I grandi banchieri, giunti al giro finale nella loro conquista del mondo, sono quindi davvero così cattivi?
Naturalmente, è tutta una questione di punti di vista. Il punto di vista di un tiranno non è mai quello che immagina il tiranneggiato. Non è che il tiranno ogni giorno si guarda allo specchio e si chiede, specchio specchio delle mie brame chi è il più crudele del reame. Lasciamo a Disney e a Hollywood queste sciocche rappresentazioni della realtà. Il tiranno non pensa mai in termini di tirannia, bensì di ordine, e naturalmente considera se stesso il soggetto ideale ad istituirlo e mantenerlo. Hitler e Stalin erano convinti di edificare il migliore dei mondi, così come con tutta probabilità ne sono convinti oggi i banchieri. Sono celebri le affermazioni a riguardo attribuite a Rockefeller:
Io e la mia famiglia siamo accusati di volere sviluppare una struttura socio-economica e politica il cui fine è controllare il mondo. Se questa è l’accusa, mi dichiaro reo confesso. (David Rockefeller, Le mie memorie, pg. 405)
Sono molto riconoscente ai direttori del Washington Post, del New York Times e del Time Magazine per avere presenziato alle nostre riunioni e avere rispettato la promessa di assoluta discrezione e riservatezza a riguardo per quasi quarant’anni… sarebbe stato impossibile lo sviluppo della nostra società sotto la luce dei riflettori in tutti questi anni. Sono certo che il mondo odierno sia pronto alla progressione unanime verso la creazione di un solo grande governo mondiale. Si tratterà di un’entità sovranazionale controllata da un’élite intellettuale e imprenditoriale accuratamente scelta, la gestazione sarà in mano alle banche. Credo che questo mio progetto sia di gran lunga preferibile all’auto-determinazione nazionale esercitata in tutti questi secoli. (Convegno del Gruppo Bilderberg del giugno 1991 a Baden, Germania – citazioni da Wikiquote)
Se c’è un detto che dice che la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, qualche ragione ben ci sarà. Al di là dei sogni, nel mondo reale il paradiso finisce quasi sempre per assomigliare all’inferno, per lo meno nell’esperienza di una parte di coloro che vi alloggiano. In un universo dualistico, è probabilmente inevitabile che gli opposti siano destinati ad incontrarsi e scambiarsi di ruolo. Aldous Huxley descrisse l’utopia nell’immortale classico Il Mondo Nuovo, ove si comprende che la società perfetta è allo stesso tempo inevitabilmente anche il più agghiacciante degli incubi. Alle stessa conclusione giunse Robert Sheckley con il suo memorabile Un Biglietto Per Tranai.
Alla fin della fiera, il giudizio è un fatto eminentemente soggettivo, ciò che per taluni è un paradiso è per altri un inferno nonché viceversa e questo mette la parola fine all’ambizione di creare un mondo che piaccia a tutti.
Naturalmente può anche darsi che io mi sia completamente sbagliato, che non vi sia alcun occulto regista di questa crisi epocale, che l’illimitata stupidità umana giunga a dominare anche le menti di chi nel mondo detiene i massimi poteri e le massime responsabilità. In molti, sono certo, sono convinti di questo. E parecchi sono addirittura pronti a strillare istericamente “complottista, complottista!” ogniqualvolta qualcuno si azzardi ad ipotizzare che il mondo sia diverso e più complesso di come sembri e che quando si affrontano eventi di una magnitudo di portata storica quasi sempre le apparenze ingannano; ma si sa che la scimmia nuda (così l’antropologo Desmond Morris definitì una volta l’essere umano) ha una lunga tradizione nel manifestare aggressività verso chiunque non condivida le sue illusioni.
Questi apologeti de “il mondo è come ci appare”, traboccanti di facili risposte ed impermeabili ad ogni domanda destabilizzante, sprofondati in questa credenza rassicurante che essi confondono con lo scetticismo e che li fa sentire molto intelligenti, si illudono che l’assenza di un disegno in questa crisi sia come in altri casi lo scenario preferibile. In effetti, di solito lo è. Lo è nel caso dei fatti dell’11 settembre. Lo è nel caso delle guerre climatiche. Ma stavolta, se non c’è una regia occulta in questa spaventosa crisi finanziaria, se gli avvenimenti a cui assistiamo sono per una volta veramente ciò che sembrano, se il capitalismo terminale è nella sua delirante autoreferenzialità veramente il gigante coi piedi d’argilla che appare, allora nulla, nulla potrà impedire la disintegrazione totale di un sistema monetario ipertrofico che si regge sul nulla, ha già superato di slancio il bordo del precipizio, è magicamente sospeso a mezz’aria per qualche istante e, proprio come Wilcoyote, non appena si renderà conto del nulla sul quale poggiano le sue zampe di colpo precipiterà nell’abisso sottostante. In tal caso forse ci salveremo dal Nuovo Ordine Mondiale, ma il Nuovo Disordine Mondiale – con le inevitabile guerre che esso porterebbe con sé – non ce lo toglierà nessuno. Non è chiaro in che modo ciò potrà costituire una convenienza per noi. Sarà eventualmente un vantaggio per chi verrà dopo di noi, ma questa mi pare per noi una ben magra consolazione.
Se invece non mi sono sbagliato ed una regia precisa esiste, sarà proprio l’orrore di una crisi senza via di uscita che consentirà ai registi di imporre la loro “soluzione” al mondo. Il solito giochino Problema-Reazione-Soluzione – ti metto nei guai per poi offrirti il mio subdolo aiuto che aiuto non è – ma su scala massima, e magnitudo inedita. Possiamo ipotizzare che ci toccherà scegliere fra l’opzione di dare l’addio ai nostri soldi e basta, e l’opzione di dare l’addio ai nostri soldi ricevendo in cambio l’equivalente nella nuova valuta mondiale, probabilmente una moneta interamente elettronica e sotto l’assoluto controllo dell’invisibile direttore d’orchestra. La decisione sarà scontata. Quando ti fanno un’offerta che non puoi rifiutare, hai poco da scegliere.
Se questo scenario si realizzasse, le implicazioni potrebbero essere degne delle migliori utopie (o distopie, fate voi) fantascientifiche.
Possiamo immaginare un futuro prossimo nel quale qualsiasi pagamento di qualsiasi natura si verifichi in modo invisibile e completamente automatico. Neppure le carte di credito saranno più necessarie. Qualsiasi oggetto prodotto da qualsiasi industria conterrà un microchip che lo identificherà. Al posto dei documenti di identità verremo identificati ovunque dalla scannerizzazione delle nostre retine e le nostre impronte digitali, mentre i microchip che avremo impiantati ci localizzeranno in ogni istante, rendendo possibile la tracciatura di ogni nostra relazione con qualsiasi oggetto o persona a loro volta muniti di chip, e monitorando en passant le nostre condizioni fisiologiche ed umorali. In effetti, chip impiantati dentro di noi potrebbero benissimo svolgere anche la funzione di macchina della verità che si attiverebbe automaticamente nel caso di interrogatori da parte di qualsiasi pubblico ufficiale. E ci sanzionerebbero ad ogni bugia, ed ogni sanzione – bugie, multe per parcheggio vietato, eccesso di velocità, ingiurie a pubblico ufficiale, eiaculazione precoce (i microchip registrano tutto, compresa la violazione al diritto al piacere dei nostri partner) – ogni sanzione ci verrà automaticamente detratta dal nostro conto corrente. Nessun supermarket avrebbe più bisogno di casse e cassieri poiché asportarne un prodotto ne comporterebbe l’acquisto automatico. Qualsiasi regalo fra persone in futuro dovrà quindi essere regolarmente autorizzato e registrato, o altrimenti si trasformerà in un acquisto automatico, con tutte le implicazioni fiscali connesse. Il furto con destrezza scomparirà quindi dalla faccia della terra, poiché chiunque rubasse qualcosa, in effetti si ritroverebbe ad avere invece effettuato un acquisto. E i poveri? Quelli che termineranno il loro denaro elettronico e rimarranno a secco? Beh, chi non saprà essere un buon schiavo libero di muoversi entro le regole del sistema potrà sempre essere un buon schiavo libero di muoversi entro le mura di un carcere. Già oggi l’1% della popolazione degli Stati Uniti, patria della libertà, è libera di stare in carcere dove è eventualmente anche costretta a lavorare per 25 centesimi l’ora oppure finire in cella d’isolamento. Già si parla di “complesso industrial-carcerario”, tanto è grosso il giro d’affari dei lavori forzati in America. La privatizzazione delle carceri ha trasformato un onere (mantenere il detenuto) in una risorsa (produttività del lavoro degli schiavi), il che spiega perché la popolazione carceraria è in rapida crescita (un quarto di tutte le persone oggi incarcerate nel mondo si trovano negli Stati Uniti).
In un mondo in cui finire in rosso sul proprio conto comporterà la reclusione e i lavori forzati – pardon, socialmente utili – ogni forma di dissidenza sarà fortemente disincentivata. Per mantenere le apparenze democratiche si consentiranno formalmente le espressioni pubbliche di dissenso, inquadrandole tuttavia eventualmente come “turbe delle quiete pubblica”, “procurato allarme”, “complottismo pernicioso”, “diffamazione della democrazia”, e coerentemente sanzionate. Con la libertà di espressione ridotta intrinsecamente a merce essa stessa, lamentarsi diverrà un lusso, che i poveri potranno concedersi solo in occasioni saltuarie – un compleanno, un anniversario, un capodanno – mentre i ricchi ne compreranno a iosa per poi lasciarla in pasto ai loro cani.
Che ne dite? Vi sembra che ci siamo lasciati trasportare troppo dalla fantasia? È tutto solo fantascienza?
Errore, errore. Ogni cosa appena ipotizzata è tecnicamente possibile già oggi stesso, quindi la parola fantascienza è qui non del tutto appropriata. Ciò che manca è soltanto la volontà politica di trasformare quanto detto in realtà. Uno scenario del genere sarebbe l’ideale per i grandi banchieri, e quindi perché mai essi dovrebbero accontentarsi di qualsiasi cosa di meno? La volontà politica è ovviamente legata anche alla disposizione del grande pubblico di accettare senza troppo subbuglio una simile trasformazione. Il che ci riporta alla memoria un’altra frase famosa attribuita a Rockefeller e citata ovunque:
“L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è la crisi delle superpotenze che poi si dilagherà in tutto il mondo ed allora sarà accettato un unico governo mondiale.”
E forse non è un caso che alla generazione alla quale toccherà pagare il conto di quanto si sta tramando oggi sia stata rifilata la disgustosa moda moderna di andare in giro con le braghe calate e porzioni di culo in vista. Visto che loro sono poi quelli che più degli altri se lo prenderanno in quel posto, c’è un tocco di raffinata maestria nell’ammaestrarli a calarsi fin d’ora le braghe spontaneamente. Naturalmente può anche darsi che sia solo una curiosa coincidenza. Perché no? Dio non gioca a dadi perché non è uno sciocco, ma quando si tratta di farsi beffe degli esseri umani non è secondo a nessuno.
Il mito della crescita economica infinita si sta disintegrando. Non è possibile una crescita infinita in un ambiente finito. Teorici come Georgescu Roegen lo sostengono da decenni, inascoltati – nonostante si tratti dell’Uovo di Colombo (ho riassunto la Teoria Bioeconomica di Decrescita di Roegen nel 2006 nel mio libro Il Mito dell’11 Settembre, che in effetti si occupa di molte altre cose oltre che dell’11 settembre).
Adesso ci è arrivata pubblicamente anche la britannica New Economics Foundation, che ancora nel 2006 si stupiva che la crescita “non stava fuzionando.” La crisi artefatta con tutta probabilità serve soprattutto a questo, a dare una forte rasoiata al benessere della classe media dei paesi ricchi. Forzare una immediata catastrofe controllata, opzione ritenuta preferibile ad una futura inevitabile catastrofe incontrollata.
E scopriremo allora eventualmente il vero significato delle promesse che i media ci hanno inflitto a ripetizione negli ultimi anni di una mortale pandemia che di sicuro dovrà avvenire da un momento all’altro a causa di virus influenzali mai sentiti fino a qualche tempo fa e che ora non vedono l’ora di mutare in una forma che ci ucciderà in centinaia di milioni. Gli ottimisti sono convinti che si trattò solo di una megatruffa in un sistema marcio e corrotto finalizzata a vendere ai governi centinaia di milioni di dosi di inutili vaccini. E questi sarebbero gli ottimisti. Ci auguriamo che abbiano ragione loro. Ma la frequenza con cui da qualche tempo questa parte gli ottimisti hanno sistematicamente torto non darebbe adito a troppe speranze.
Visto che però abbiamo tirato in ballo la fantascienza, a chiunque si voglia gustare qualche estrapolazione davvero fantascientifica sul tema segnalo un racconto di fantascienza scritto a quattro mani dal sottoscritto assieme all’amico e scrittore inglese Ian Watson[1] (noto ai più come l’autore della storia del film A.I. Intelligenza Artificiale di Spielberg) e da poco pubblicata in America su Flurb, la rivista web per racconti fuori di testa di Rudy Rucker – noto scrittore americano e cofondatore del movimento cyberpunk. Il racconto esiste solo in inglese a causa della scarsa propensione degli editori italiani a pubblicare la mia narrativa nella mia lingua natale, il che ormai mi induce a scrivere questa roba direttamente in inglese. Chi si destreggia nella lingua di Albione apprenderà da questo racconto qual’è il modo migliore – ed al quale nessuno penserebbe mai – per risolvere tutti i problemi monetari del mondo una volta e per tutte. Il racconto è leggibile interamente online e addirittura scaricabile assieme alla rivista come ebook gratuito cliccando qui. Lettura consigliata solo a soggetti elastici di pensiero. Ma chi è riuscito a leggere sino a qui ha qualche probabilità di farcela.
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